«I flussi migratori vanno necessariamente gestiti con uno sforzo corale che dovrebbe sempre essere sottratto alla propaganda. Il fenomeno è complesso e l’approccio corretto per individuare soluzioni adatte a governarlo passa per forza dall’interlocuzione costante con i Paesi di partenza e di transito dei migranti e con l’Unione europea. Per questo presto andrò di nuovo in Libia e conto di ritornare in Tunisia anche con la commissaria Ue Johansson. Siamo inoltre impegnati a Bruxelles affinché l’Europa dia finalmente una grande prova di coesione, individuando, nel nuovo Patto Immigrazione e Asilo, un punto di equilibrio tra il principio di responsabilità e una effettiva solidarietà tra i Paesi membri».
Il suo ministero è in grado di dire – in percentuale – quanti sono i migranti rimasti in Italia rispetto a quanti arrivati in queste ultime ondate?
«Attualmente, nei centri di accoglienza sono presenti circa 9 mila immigrati in meno rispetto ad un anno fa. Nel 2020, nonostante il blocco dei voli causato per molti mesi dal lockdown, i rimpatri sono stati 3.847. Nei primi tre mesi e mezzo del 2021 le persone rimpatriate sono già 979, di cui 511 in Tunisia. Ed è sempre centrale anche il tema dei ricollocamenti dei richiedenti asilo sul quale continuo ad impegnarmi in sede europea: di recente, ad Atene, abbiamo sottoscritto con gli altri Paesi mediterranei del Forum Med5 – Grecia, Cipro, Malta e Spagna – un documento comune per chiedere alla commissione Ue di prevedere meccanismi operativi di solidarietà sulla base delle Intese definite a Malta. Quegli accordi, del mese di settembre del 2019, avevano prodotto immediati effetti positivi anche se poi i trasferimenti nei Paesi europei sono stati sospesi a causa della pandemia. Sui ricollocamenti dei richiedenti asilo sbarcati sulle nostre coste non possiamo attendere i tempi lunghi della trattativa sul nuovo Patto europeo Immigrazione e Asilo».
La percezione del problema migranti è forse minore per gran parte della pubblica opinione vista l’emergenza Covid tutt’ora in corso: anche dal suo punto di osservazione è così?
«La percezione del fenomeno migratorio è legata all’intensità della polemica politica e già da parecchi mesi, anche prima che scoppiasse la pandemia, alcuni sondaggi hanno evidenziato che le preoccupazioni degli italiani sono altre. Il ministero dell’Interno è impegnato tutti i giorni per evitare che le comunità locali più esposte ai flussi migratori siano penalizzate da una pressione eccessiva, soprattutto ora che la situazione è resa più complicata dalla diffusione del virus».
Che ordine di priorità dà ai seguenti problemi: microcriminalità, migrazione clandestina, corruzione, ordine pubblico, terrorismo, mafia, protesta sociale legata al Covid?
«Il Viminale vigila attentamente su tutti questi fenomeni, tenuto conto anche degli effetti che la grave emergenza sanitaria sta producendo sul quadro sociale ed economico. Fondamentale è proseguire con il piano di vaccinazione in grado di garantire il riavvio delle attività economiche in piena sicurezza. La situazione difficile in cui versano famiglie e imprese sta alimentando, infatti, un disagio diffuso che sempre più spesso si manifesta nelle nostre piazze: è necessario che tutti dimostrino un grande senso di responsabilità e di unità in uno sforzo comune diretto a superare questo grave periodo di crisi».
Siamo in emergenza praticamente da quasi 18 mesi. Malavita e gruppi sovversivi hanno avuto tempo per organizzare la loro presenza e soffiare sul fuoco della protesta. Le vostre indagini rivelano un Paese più inquieto, indebolito oppure speranzoso della ripresa?
«La pandemia ha messo a dura prova il Paese e sono comprensibili le difficoltà per le imprese e le famiglie causate dalle misure adottate dal governo per contenere la diffusione del virus. Dal canto nostro, abbiamo sempre consentito le manifestazioni svolte nel rispetto dei diritti di tutti gli altri cittadini ugualmente provati dalla pandemia. Riguardo gli atti di violenza visti in piazza per i quali non è emersa fin qui una regia unica non può essere tollerato alcun tipo di aggressione nei riguardi delle forze di polizia che in questa pandemia continuano a svolgere un servizio all’intero Paese».
I miliardi in arrivo dall’Europa sono una formidabile occasione per modernizzare il Paese ma anche il pericolo per la commissione di reati contro la Pubblica Amministrazione: un film già visto oppure ci sono più anticorpi?
«È evidente a tutti che un tale flusso di denaro costituisca una grande occasione per la criminalità organizzata che in questo momento mira sia ad intercettare i finanziamenti statali ed europei e sia ad aggredire l’economia sana, rilevando le imprese in difficoltà. Per questo, l’azione del ministero dell’Interno e dei prefetti è rivolta ad una attenta azione di prevenzione nei territori, ricorrendo anche ad una più ampia collaborazione con le organizzazioni delle categorie economiche più esposte al rischio di infiltrazione criminale».
Il tema degli appalti è cruciale: lei si schiera per una semplificazione delle procedure?
«L’esigenza è quella di assicurare una rapida ripresa economica senza abbassare il livello di guardia di fronte agli appetiti criminali. Seguendo questa linea, fin dai mesi in cui sono stati riconosciuti i primi sostegni finanziari, il Viminale ha sottoscritto protocolli con la Sace e l’Agenzia delle Entrate per assicurare l’efficacia dei controlli senza rallentare le procedure di erogazione dei fondi. I prefetti stanno agendo sui territori per garantire un più facile accesso al credito, sottraendo, così, gli imprenditori in crisi di liquidità alle offerte di aiuto della criminalità organizzata».
Se in Parlamento si creasse una maggioranza favorevole ad approvare lo Ius Soli, secondo lei il parere del governo quale sarebbe?
«È difficile esprimere un parere su scenari ipotetici, soprattutto quando si parla di un provvedimento considerato di grande rilevanza sociale che però è anche considerato divisivo e necessita, dunque, di un’ampia condivisione. Ricordo che già al termine della scorsa legislatura, la proposta di legge sul cosiddetto Ius soli temperato approvata dalla Camera si bloccò poco prima di arrivare nell’aula del Senato».
Lei guida uno dei pochi ministeri che non ha cambiato titolare dal governo da Conte all’esecutivo Draghi. Ha cambiato passo, come si usa dire? E in cosa?
«All’Amministrazione dell’Interno fanno capo una pluralità di funzioni come quelle di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, di tutela dei diritti civili e di cittadinanza, di gestione dell’immigrazione e dell’asilo, di soccorso pubblico e di prevenzione antincendi, fino alla garanzia della regolare costituzione e del funzionamento degli organi negli enti locali. L’esercizio di queste funzioni, così complesse e delicate, richiede un alto livello di terzietà su cui si incardina il solido ruolo di garanzia del ministero dell’Interno nei confronti di tutti i cittadini».
In autunno si vota soprattutto nelle 4 grandi città italiane (Roma, Milano, Napoli, Torino): i risultati peseranno sul Governo?
«La competizione tra i partiti nelle grandi aree urbane del Paese rappresenta da sempre, e ancor di più da quando è stata introdotta l’elezione diretta dei sindaci, un passaggio politico molto importante per la nostra democrazia. Quest’anno, a causa della pandemia, le elezioni amministrative sono state posticipate all’autunno e sono certa che anche questo appuntamento elettorale costituisca l’occasione per un confronto costruttivo tra le forze politiche. Per il bene del Paese che sta attraversando una fase molto difficile».